LETTI DA NOI/8: Kurt Vonnegut Jr. Una biografia chimica di Pascal Schembri

LETTI DA NOI/8: Kurt Vonnegut Jr. Una biografia chimica di Pascal Schembri

Poco più di un mese fa la casa editrice indipendente Odoya ha voluto omaggiare il grande scrittore americano Kurt Vonnegut – a distanza di dieci anni dalla scomparsa, avvenuta l’11 aprile 2007 – con l’uscita di Kurt Vonnegut Jr. Una biografia chimica. L’opera (che finalmente è andata a compensare la mancanza di un suo profilo completo ed esaustivo nel panorama editoriale italiano) è scritta da Pascal Schembri, prolifico autore e biografo, sostenuto qui da una corposa bibliografia, un’utile documentazione fotografica e dalla capacità di raccontare la vita di Kurt Vonnegut come se fosse essa stessa un romanzo. La sua storia, nell’analisi dell’autore, subisce due cruciali punti di svolta durante il 1944, quando Vonnegut è solo un soldato di ventidue anni: il suicidio della madre nel giorno della Festa della Mamma e la resa, assieme ai suoi compagni, all’esercito nazista durante la Battaglia del Belgio. Sono due eventi destinati a influenzare quasi ossessivamente tutta la sua intera esistenza e produzione e che vengono intesi come il germe, la premessa per dare vita ai grandi temi che poi diventeranno classici a lui naturalmente riconducibili: l’antimilitarismo, la religione, il ricorso alla fantascienza, l’accanimento e l’umorismo sulla stupidità umana, l’importanza di far parte di una comunità, la distopia e i viaggi nel tempo, la sopravvivenza alienata. Nel corso della biografia ognuno di questi aspetti è affrontato a tappe, in capitoli da titoli bellissimi (per citarne alcuni: Fantavita, Survivor, Ulisse Pilgrim e Omero Trout), ciascuno dei quali s’impegna a tratteggiare un ricordo di Vonnegut più fedele e accurato possibile e ritratti di grande verità – come questo, che vale la pena riportare per intero:

[Vonnegut] Non cerca di non immedesimarsi nei personaggi che descrive, ci sta dentro fino all’osso, sta affondato nella melma fino al naso. Solo di tanto in tanto, appena trova la forza di emergere con un colpo di reni, trova pure l’energia per usare la bocca e avvertire il mondo di quanto il mondo sia folle. È un profeta che parla a nome di tutti, non un puro denunciatore ma un partecipante al disastro che sente la responsabilità di avvisare che esso sta avvenendo. Quando mette in scena se stesso in Mattatoio n.5, scrive una lunga introduzione nella quale informa che, per prendere le dovute distanze dalla dolente narrazione dei fatti, tutti veri come i personaggi cui sono stati cambiati i nomi per convenienza editoriale, userà un protagonista fittizio (capace di spostarsi nel tempo e nello spazio proprio come un qualunque scrittore nello scrivere una propria opera). Insomma avverte il lettore che Billy Pilgrim – il Pellegrino Guglielmo – è una soluzione letteraria creata per narrare una storia troppo dolorosamente vera. È già immerso nella melma fin sopra le orecchie e ricorre alla terza persona giusto per poterne parlare, non certo per cambiare posizione e mettersi fuori dal gioco. In verità, metterà pure se stesso a fare da capolino ogni tanto qua e là nella storia, dicendo testualmente: “E quello ero io”.

Il punto di forza di questa biografia, però, non sta solo nell’essere attenta e circostanziata; l’aggettivo “chimica” del titolo ha un perché ben preciso ed è legato a un suo aspetto quasi peculiare, che rende la lettura non solo interessante per il lettore già innamorato di Kurt Vonnegut, ma anche per uno onnivoro, curioso di collegare la sua produzione al contesto storico e culturale in cui ha preso vita. Così, la nascita di opere come Le sirene di Titano (1959), Madre notte (1961), Ghiaccio-nove (1963), Mattatoio n.5 (1969) fino a quella degli ultimi romanzi Galapagos (1985) e Cronosisma (1997) è messa in relazione con elementi filosofici e letterari, persino cinematografici (tante le citazioni di personaggi che mai ci si immaginerebbe di associare a lui), oltre che inserita lungo l’asse temporale interno ed esterno allo scrittore. Il fattore chimico sta in questa miscela, nell’insieme di queste preziose composizioni che dal generale vanno al particolare, e viceversa. Il risultato è un libro curato nei massimi dettagli, puntuale nello sdoganare le conoscenze più superficiali che abbiamo su questo scrittore amatissimo, limitate dalla lettura solo delle sue opere più celebri o dalle solite citazioni.

La scrittura per Vonnegut è impegno, è amore e impegno, poiché da questo amore per l’uomo, sconsolato sentimento che confina con l’ossimoro di un incoraggiante pessimismo, nasce l’impegno a sognare mondi da evitare, distopie da vincere, pericoli da scongiurare, baratri dal cui orlo fare un passo indietro appena in tempo.

L’omaggio, in questo importante anniversario della sua morte, è davvero riuscito.

 

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